IL FESTIVAL DELLE MOSTRE
NEGLI STUDI DEGLI ARTISTI

14/18 Marzo 2017 - Milano

Contrappesi: la terribile grazia dell’equilibrio

Ciascuno di noi porta in sé il centro dell’universo”, questa frase di Nancy Huston sembra scritta per introdurci a Contrappesi, la collettiva a cura di Andea Lerda, realizzata con grande professionalità nello Studio California. Sette artisti, ognuno con la propria sensibilità, ci invitano a riflettere sul nostro rapporto col cosmo. Una sottile linea tesa tra le nostre più intime emozioni e l’infinità dell’universo.

“Sostegno” di Emanuela Ascari è un semplice bastone levigato dal tempo che, reggendo una fotografia dell’artista, reca la scritta “il centro della Terra”. Un invito a farsi amanti della Terra, a riconoscere il centro dell’universo nel punto in cui, di volta in volta, poggia il bastone del viandante. L’errare rizomatico del pensatore contemporaneo che rinuncia a un centro fisso, rassicurante ma carico di costrizioni, per aprirsi alla molteplicità dei punti di vista tra i quali cercare il proprio equilibrio. Quasi a bilanciare questa tensione terrena, Leonardo Petrucci ci porta su Marte mettendo in dialogo la veduta aerea dello studio milanese con quella che sul pianeta rosso corrisponde alle medesime coordinate.

Le sculture di Stefano Canto, come reperti di un’archeologia del presente, riprendono il tema della relatività attuale in cui la forma non aspira più all’assolutezza pietrificata ma si mostra nel suo infinito divenire. Materia difforme che si sfalda sotto gli agenti esterni per mostrare le stratificazioni di colore interno. Un equilibrio precario quindi, come nei lavori di Daniela Di Maro. Una clessidra ad acqua (“Principio di sospensione”) che ruota su se stessa replicando la ciclicità dei processi cosmici e un video di tremenda bellezza: le immagini amatoriali dello scioglimento dei ghiacci artici sono montate al contrario e accompagnate da un dialogo surreale. Come due amanti che ripensano alla propria storia al termine, vediamo l’immensa mole dei ghiacci che riemerge dalle acque: i bianchi fantasmi di una relazione tragicamente compromessa.

Sulle cause di questo squilibrio riflette Enzo Calibé. Consapevole che ‘la natura’ è già da sempre un concetto culturale, non cede a un approccio idealistico ma analizza il medium stesso attraverso il quale formiamo la nostra idea di natura e paesaggio. Le sue “Riviste” presentano solo immagini “naturali” da cui sono state espunte tutte le didascalie e gli elementi pubblicitari per lasciare spazio a un messaggio direttamente tracciato su esse: “La natura non è un luogo da visitare”. Un cortocircuito semantico quindi, che denuncia l’appiattimento edulcorante a cui l’industria dell’immagine ci ha abituato e al quale non sfuggono, malgrado le intenzioni, le culture “bio”, “eco” e “veg”, così di moda.

Vero e proprio capolavoro per profondità e immediatezza è “Flow” di Federica Di Carlo. Nella penombra di una stanza osserviamo una sfera di cristallo che giace sulla fotografia incurvata della nostra galassia. Al suono di un gong, un puntatore laser illumina la sfera di bagliori violacei. Significativamente il meccanismo si attiva captando il pulviscolo stellare che colpisce la Terra ogni volta che una stella esplode. Come in un antico rituale, il gong ci fa immediatamente consapevoli della potenza e dell’irreversibilità del momento a cui stiamo assistendo. Ogni cinque minuti circa una stella muore e la sua polvere, dopo un viaggio di migliaia di anni, ci rende testimoni di un’immane apocalisse. Grazie al dispositivo di Federica, un intero sistema solare è scomparso “sotto ai nostri occhi”: come non pensare alla vacuità dei nostri piccoli affanni, alla miseria delle nostre quotidiane preoccupazioni di fronte a un evento di tale portata? Ecco che il mezzo dello scienziato, spesso freddo e sterile, nelle mani dell’artista si fa portatore dell’antica poesia tragica, lasciandoci sgomenti ma per ricordarci la fortunata occasione che siamo chiamati a vivere.

Altrettanto intime sono le opere di Marion Tampon-Lajarriette. L’artista ha bucato con le proprie lacrime le rappresentazioni su carta di alcune montagne donando loro due occhi, due cavità oscure dalle quali la natura abissale ci osserva. Allo stesso modo la proiezione in negativo dell’orifizio di due vulcani getta uno sguardo in noi come le maschere rituali dalle cui fessure emerge l’inconscio, la morte e quanto la parola non saprebbe esprimere se non nello scarto e nella distanza.

L’equilibrio tra natura e cultura, questa soglia immaginaria continuamente violata da entrambi i lati, ridonda facendosi simbolo di ogni altra dicotomia che l’uomo contemporaneo è chiamato a percorrere con la terribile grazia dell’equilibrista sospeso sull’abisso.

Daniele Pilla

 

Contrappesi

Studio California

Emanuela Ascari, Enzo Calibé, Stefano Canto, Federica Di Carlo, Daniela Di Maro, Leonardo Petrucci, Marion Tampon-Lajariette

Piazza Napoli 24

fdc.dicarlo@gmail.com

Lascia un commento

Your email address will not be published.

*

 

Utilizzando il sito, accetti l'utilizzo dei cookie da parte nostra. maggiori informazioni

Questo sito utilizza i cookie per fornire la migliore esperienza di navigazione possibile. Continuando a utilizzare questo sito senza modificare le impostazioni dei cookie o cliccando su "Accetta" permetti il loro utilizzo.

Chiudi