IL FESTIVAL DELLE MOSTRE
NEGLI STUDI DEGLI ARTISTI

14/18 Marzo 2017 - Milano

L’immigrazione alla deriva post-apocalittica dell’umanità

Prisencolinensinainciusol

Il cortile condominiale di via Gluck 14, indirizzo simbolo della musica italiana in quanto decantata dimora natale di Adriano Celentano, in occasione di studi festival diventa spazio d’arte e d’incontro.
Prisencolinensinainciusol, titolo apparentemente incomprensibile, è proprio il titolo di una canzone di Celentano, che gli artisti scelgono di associare al loro lavoro sull’emigrazione italiana .
Nello spazio interno, fulcro dell’allestimento, la video-proiezione di Demetrio Giacomelli  e l’installazione di Giuseppe Maria Paolillo, dialogano tematicamente  in un confronto multisensoriale.

Il video visionario di Giacomelli, girato durante una residenza a Rotterdam,  ricco di riferimenti al calvinismo, all’ideologia nordamericana, e alla fantascienza, rappresenta l’irrimediabile condizione umana in una società distopica. Questi concetti, vengono mediati visivamente da dinosauri in estinzione e zombie dalle pulsioni auto-lesioniste.
La visione di Heidegger del mondo come rappresentazione, protesi artificiale della realtà, determina l’incapacità per l’uomo contemporaneo di azioni storiche. L’unica possibilità restante è l’estinzione; “aussterben macht frei, l’estinzione rende liberi”.
In definitiva, Giacomelli servendosi di uno stile preso da b-movies e videogiochi, mischia riferimenti ai campi di concentramento con fantascienza e autarchia, nell’intento di definire l’apocalisse, che per l’artista è il momento in cui il progetto supera l’uomo.

Ai piedi del video, come un piccolo mausoleo da campo, si erige l’installazione di Giuseppe Maria Paolillo; un “memoriale per un ipotetico immigrato”, costituito da una tenda e un piccolo vesuvio in poliuretano.
La coperta isotermica adibita a tenda, immediatamente si ricollega al tema della sopravvivenza, a doppio filo con quello dell’estinzione del video. Subito sono chiari i richiami alle situazioni d’emergenza e precarietà, che colpiscono appunto gli immigrati, oppure le vittime di calamità naturali, simboleggiate dal piccolo vulcano.

Nel cortile, i lavori trovano un eco “naturale”, nel muretto di cemento e rampicanti costruito per dividere lo spazio tra due condomini, una forte divisione interna che in questo gioco, funge da frontiera.
La riflessione artistica, sfocia allora nel sociale, nelle affezioni della convivenza,  trovando un corrispettivo nel quotidiano.

Claudia Capurro

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