Dal vuoto al cielo

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Evento collaterale

Il cielo è uno dei più grandi protagonisti della storia della pittura e in buona misura delle arti plastiche, anche se il più delle volte lo ritroviamo come sfondo o contenitore. Persino in questo ruolo è riuscito a catalizzare l’attenzione dei grandi maestri facendosi assegnare la resa animica dell’ intero quadro con giustizia, in quanto principale propagatore della luce del sole o degli astri. Basti pensare all’uso che ne facero Giorgione, Mantegna, Van Goyen, Ruysdael, Delacroix, Constable, Courbet, Magritte, James Turrell per citarne solo alcuni ed è giusto segnalare che molti di loro gli dedicarono momenti o intere fasi del proprio lavoro.
Consideriamo, nel dubbio anche la sua assenza attraverso coloro che con altrettanto rigore lo esclusero: Veermer, Toulouse Lautrec, Francis Bacon, giusto per sentirne gli effetti e la portata.
Il cielo preso in sé è l’oggetto di questo ciclo di opere, considerato come la porta verso la base universale che permea tutte le cose del nostro mondo, visibili ed invisibili. L’ultima convenzione visiva dei vivi e a quanto pare la prima dei trapassati. L’azzurro che vela l’universo astrologico attraverso un gioco mutevole della luce divenuta colore, comune a tutti i popoli e le epoche dell’uomo. Le nuvole, abitanti dello spazio luminoso o depistaggio impermanente, frantumatrici dei più saldi sistemi di pensiero, raffigurabili solo provvisoriamente, solo nell’osservazione del loro comportamento. Il discorso, ora, può proseguire nella contemplazione del mezzo pittorico. Il nostro protagonista, infatti, viene qui trattato con i mezzi tradizionali della pittura: olio o tempera all’uovo su tela o tavola preparata a mano. Tutte le emozioni, i concetti e i moti istintuali di chi osserva sono liberi di manifestarsi davanti alle opere, per constatare l’impossibilità del loro ancoraggio e, come le nuvole, sorgendo dal vuoto, là ritornano. La semplicità si manifesta a monte, nel raffigurare solo le ore più luminose della giornata e solo i punti più in alto possibili, quel cielo che può trovarsi solo sopra alla nostra testa. Queste scelte rendono quanto meno innaturale la vista del quadro appeso al muro verticale che lo supporta. Per chi crede che stare in piedi fra le mura sia più reale che sdraiarsi sotto al cielo questa può essere un’ottima occasione di ripensamento. Per chi già frequenta il vuoto, un’ancora paradossale.

Artisti: Armando Prieto Perez, Maria Rosa Fustet 

Argelab studio, Via Argelati 47, Milano